Finalista Premio Viareggio 2006
Imprigionarmi nella mente vorrei, fare di tutto una gabbia del pensiero. Starci dentro più pensante che mai, fino a traboccare di logica. Diventare demente vorrei, e da idiota poi agire, vivere di agonie leggere e di sofferti piaceri. Bere il sangue della vita vorrei. Essere sopravvivenza. Sguazzare tra le labbra delle profonde ferite.
Non ho più voglia di inseguire la felicità, la profumata pace. Adorerò il puzzo delle ascelle bagnate, coltiverò i punti lancinanti del dolore, affonderò sempre più i piedi nella maleodorante materia. Amerò tanto. Lo farò. Fosse solo per partito preso. Finchè potrò impormelo. E se mai l’assurdità mi coglierà, amerò ammazzando, forse massacrando, ma pur sempre di amore odierò gli altri.
Recensione di Amalia Cecere
Libercolo dell’onta intitola il suo primo scritto Alfonso Benadduce, attore e regista giovane, ma già noto per opere teatrali quali Tragedia al di là di Prometeo da Eschilo, La morte del giovane principe dall’Amleto di William Shakespeare, Paradiso perduto – pandemonio da John Milton, per citarne alcune. Il titolo di questa breve composizione si propone come un programma, in cui la tematica, costituita da aforismi, e la lingua mediante la quale viene resa sovvertono, nel delirio della ratio che ricerca se stessa, i canoni consueti. Il lettore si avventura, infatti, in un labirintico non-sense per affrontare un viaggio nelle tenebre della scrittura vicina alla forza di un gesto e che del gesto mantiene la manifestazione e il segreto. (..continua..)
Recensione di Gianmario Lucini
Sembra ispirarsi al celebre Le memorie del sottosuolo questo scritto di Benadduce, giovane e aggressivo autore teatrale ormai conosciuto al grande pubblico, nel quale il protagonista, ma con più foga che nel romanzo di Dostoewskij (ma più che il grande russo questa foga ricorda Carmelo Bene), si compiace morbosamente della propria autodistruzione, del proprio autoannichilimento, dopo ovviamente aver annichilito ogni possibile forma di vita attorno a lui. Il tratto saliente del carattere del protagonista di questo romanzo, a suo modo, o racconto per flash di un proprio perverso (rovesciato) mondo interiore, è la negazione, il tratto autolesionista e insieme paranoide, l’insofferenza se non il terrore per i sentimenti positivi – l’amore innanzittutto – per il gesto gratuito. (..continua..)
Recensione di Alessandro Moscè
Il Libercolo di Benadduce – diario di una brutta realtà
“Libercolo dell’onta”: un titolo di Alfonso Benadduce attore e regista teatrale, che al suo primo lbro è approdato niente meno che in finale al Premio Viareggio. Un diario in prosa intimamente complesso, originale, un “soggiorno” che entra in modo truce sull’eterno presente di un giovane, sull’esperienza incisa nella faccia, per dirla con le parole di Benadduce. Un tempo dei contralti, dell’orrore quotidiano, popolato di ombre, fi fantasmi, di un brutta realtà che attanaglia. Una cartina di tornasole del male endogeno di una generazione intera, un “manuale immondo”, insomma. Ecco cosa si legge in queste pagine dove affiora continuamente l’oscurità di vite che non urlano mai, ma che si siedono su se stesse, in un delirio che appare esterno, visibile, di una società cannibale, malata. (..continua..)
Recensione di Leonardo Marini
Un “crudele” ed esaltante esordio letterario: Alfonso Benadduce, “Libercolo dell’onta”
«Scrivo dalla congetturata villa dei miei desideri,dal tumulo dei miei bisogni, il luogo del mio penoso rifugio: il posto dove la mia squilibrata essenza va svigorendosi sempre più o forse è del tutto svigorita ormai. Da qui mi spalanco per dipanare ciò che il monumento di me contiene al suo interno, attaccato alle sue fondamenta. È da qui che vi parlo e non perché ci si intenda o ci si accomuni, benché l’idea di comunione sia mia eterna speranza – vi scrivo perché necessito di parlare e ciò mi dà dolore e trista essenza. Ma come posso fare a essere più vigoroso? A cedere al desiderio di possedere un ardimento? Come potrò mai accantonare la mia codardia e la viltà? Sento che questo luogo sarà l’unico possibile forte della mia anima, il solo soggiorno accettabile, perché io viva relegato in un avello e perché io viva.» Questo il potente e sorprendente incipit del primo libro di Alfonso Benadduce (finalista Premio Viareggio 2006). (..continua..)